Archive

Omelia Don Carlo 8 aprile 2020

*8 aprile 2020*

“Perché mi divora lo zelo per la tua casa gl’insulti di chi t‘insulta ricadono su di me”. E’ lo zelo per la tua casa che mi rende insopportabile. Io non annuncio l’esistenza di Dio in un altro mondo: io provo zelo per la sua presenza, per la sua dimora in questo mondo. La mia fede è zelo, fuoco, amore appassionato. Tutto di me brucia: pensiero, sguardo, voce, affezione, tono… tutto davanti a me s’incendia e diventa segno, dimora di Dio. Io sono odiato da chi rifiuta non l’esistenza di Dio, ma la sua presenza. Gesù è odiato perché la sua fede non è un pensiero su Dio, ma uno zelo per la dimora di Dio nel mondo. Gesù incendia il mondo e lo trasforma in una dimora di Dio: che è lo scopo per cui il mondo esiste. Quando il mondo non ci piace è perché non è dimora di Dio, perché non siamo divorati dallo zelo di Gesù: siamo divorati dagli idoli. Per questo Gesù è l’uomo più amato e più odiato. Amato da chi cerca il Dio della realtà, che rende belle le cose: le rende segno e dimora di Dio. Gesù è odiato da chi non ama il Dio della realtà e gli preferisce un idolo. Ma l’idolo abbruttisce le cose perché le violenta, toglie sempre qualcosa e aggiunge sempre qualcosa, comanda e proibisce sempre: rende tutto artificioso, toglie bellezza. Davanti a Gesù risorto le cose ritrovano la freschezza dell’origine, il gusto dell’autentico: come per il cibo è il gusto del cotto e mangiato… A Pasqua Dio irrompe nel mondo con la resurrezione di Cristo e trasforma il mondo nella dimora di Dio: da quel momento non dobbiamo più scegliere tra adorare Dio e godere del mondo: noi cristiani cantiamo alleluia perché le due cose coincidono.

Omelia Don Carlo 4 aprile 2020

*4 aprile 2020*
“Quest’uomo compie molti segni”. Perché tutto, in lui, è segno. Cos’è un segno? E’ una cosa, il cui significato è un’altra cosa. Tu vedi quella cosa e, in quella cosa, incontri un’altra cosa. Come gli schermi delle video-chiamate che questi giorni ci portano il mondo dentro casa e dentro il cuore: azzerano la distanza. Come nella scrittura: persone lontane nello spazio o nel tempo, li incontri in quelle parole, perché ci hanno messo il cuore. Gesù mette il cuore in tutto: lui è unito dentro, tanto che è chiamato “verbum incarnatum”, parola incarnata. In lui carne e parola coincidono, la parola freme come la carne, le azioni parlano, sono luminose come le parole. Lui non vive l’opposizione tra concreto e astratto: lui è uno! Presente a sé, ha coscienza di sé: non si permette di pensare una cosa e amarne un’altra, ma ama ciò che pensa e pensa a ciò che ama. Perciò l’ammazzano: ”Se lo lasciamo continuare tutti crederanno in lui”. E diventeranno come lui: una folla di segni, di facce che mettono davanti a Dio. L’uomo di fede non è un uomo bravo, ma un uomo segnato: che ti mette davanti a Dio. E dall’incontro con Dio nessuno esce indenne: Dio svela il segreto dei cuori, il bene o il male che hai dentro. Anche dalla pandemia non usciremo indenni: il virus è un detonatore che fa esplodere i cuori. Svela il volto segreto di ognuno. Il virus ha fatto esplodere anche la Pasqua di quest’anno: l’ha rubata ai cristiani e l’ha imposta al mondo. Tutti devono vivere la passione: non quella dei riti cristiani, ma la propria. E ognuno, tolte le mascherine, si troverà una faccia diversa. Scoprirà di più la sua. E potrà cambiarla, se non gli piace. Perché la Pasqua annuncia che puoi cambiare vita e cuore, e risorgere da qualunque inferno.

Omelia Don Carlo 6 aprile 2020

*6 aprile 2020*
“I poveri li avete sempre con voi: non sempre avete me”. Ma se non avete me, che speranza date ai poveri? Date pane, salute, benessere, li rendete uguali ai ricchi: poi guardateli negli occhi… hanno dentro il cuore la stessa domanda dei ricchi, di una speranza che solo Gesù prende sul serio. Perché Gesù lo cercano tutti, poveri, ricchi, malati, sani, buoni, cattivi. Poi da Gesù si allontanarono tutti: anche gli amici lo abbandonano, lo tradiscono, lo rinnegano… Perché? Cosa porta Gesù nel mondo di così desiderabile e così temibile? Lo dice il vangelo… “I Giudei vennero per vedere Lazzaro risuscitato dai morti e i capi decisero di uccidere anche Lazzaro”. Gesù porta la resurrezione dei morti: questo è il punto di scontro. Niente è più desiderabile che vincere la morte e vivere in eterno. Perché uno che ha questa certezza è libero, nessuno lo sottomette. Ma nello stesso tempo un uomo così è troppo libero e fa paura e scatena la violenza. Sempre si fa violenza per eliminare o ridurre la libertà di qualcuno. E’ per questo che Gesù non combatte la violenza con la violenza: perché la violenza è un effetto, non la causa. La causa della violenza è la paura della libertà. Gesù vince la violenza amando la libertà: la propria libertà, quella degli amici e quella dei nemici. La libertà è il segreto, il punto che fa luce sulla passione di Gesù: l’unico che la spiega. La passione di Gesù è una passione sconfinata per la libertà. Per la libertà Gesù vive e per la libertà Gesù muore. A questa profondità deve giungere la nostra meditazione in questa strana settimana santa, per rubare a Gesù il suo segreto. Un segreto entusiasmante e rischioso: perché chi lo scopre rischia di diventare veramente libero.

Omelia Don Carlo 7 aprile 2020

*7 aprile 2020*
“Gesù profondamente turbato dichiarò: uno di voi mi tradirà”. ἐταράχθη τῷ πνεύματι: sconquassato dentro, gli manca la terra sotto i piedi. Cosa sconquassa Gesù? ”Uno di voi mi tradirà”: uno di quelli che avevo scelto per stare con me… “li chiamò perché stessero con lui”. Gesù è sconvolto perché capisce che stare con lui non è bastato a cambiarli: Giuda tradisce, Pietro rinnega, gli altri fuggono. Gesù deve cambiare metodo: se ne deve andare lui. “ancora per poco sono con voi e voi mi cercherete”. Certo che ti cerchiamo, pensa Pietro: dove andiamo senza te? Ma Gesù è perentorio: d’ora in poi… “dove vado io, voi non potete più venire”. Perché non è bene per voi continuare a stare con me. Anzi… “E’ bene per voi che io me ne vada”. E’ bene per voi stare senza di me, prenderla in mano la vostra vita. Finché resto io vi appoggiate a me, delegate sempre a me, niente è mai veramente vostro, mai veramente personale. La vita nuova nel mondo non nasce da un collettivo, da un’amicizia, ma da una persona che dice il suo “si” a Dio, come io dirò il mio sulla croce. Ognuno deve dire il suo “si” sulla sua croce, dentro la sua pandemia. Il mondo di prima è finito, le amicizie di prima sono finite: niente sarà più come prima. Tutto nel mondo deve rinascere e rinascerà dal “si” di uno, dalla fede di ognuno. Ma non tocca a politici e scienziati creare il mondo nuovo e la vita nuova, per fortuna: servirla si, crearla no. La settimana santa ci è data per scoprire la sorgente della vita nuova e per fare ciascuno il passo che è chiesto a lui: insieme a Gesù, ma Gesù sulla sua croce, io sulla mia e tu sulla tua.

Omelia Don Carlo 5 aprile 2020

*5 aprile 2020*
“Osanna! Benedetto colui che viene”. Evviva! Festeggiamo perché oggi a Gerusalemme è presente Gesù. Il tono festoso è il tono di un cristiano cosciente dentro il dramma del mondo. Il cristiano piange con tutti, vive e condivide la passione e il dolore di tutti, ma lui è cosciente che dentro il dramma del mondo è presente Gesù. Questa coscienza gli cambia il tono: gli vibra dentro, trapela in tutto ciò che fa. Ma quella folla non è cosciente: dopo cinque giorni, davanti a Pilato, grida “crucifige”. Anche gli apostoli non sono coscienti: al Getsemani fuggono. Anche Pietro lo rinnega. Cosa manca? Gesù l’ha detto durante la cena: ho ancora molte cose da dirvi, ma non potete portarne il peso. Adesso, sul vostro animo, più di me pesano il dolore, la paura, la vostra fragilità. Durante la passione capiscono che non basta aver vissuto tre anni con Gesù, aver visto i miracoli. Non bastano le apparizioni del risorto. Loro non sono ancora cambiati dentro. Non gli manca Gesù: è lì! Gli manca la coscienza di chi è veramente Gesù. Pietro prende coscienza a Pentecoste, non durante la passione di Gesù. Però tutta la fragilità e l’impotenza sperimentata durante la passione è preziosa. Come è preziosa la fragilità e l’impotenza che viviamo noi dentro la pandemia: perché svela ciò che ci manca, cosa dobbiamo domandare, a chi possiamo domandare. Non sarà il virus a convertirci né a farci conoscere Cristo. Il virus può solo farci riconoscere che bisogno abbiamo di Cristo: che bisogno abbiamo di vivere in questi giorni la passione del mondo come Cristo ha vissuto la sua passione. Se seguiamo Cristo non diremo che “andrà tutto bene”: ai morti non è andato tutto bene. Ma avremo coscienza della vittoria di Cristo e invece di cantare Osanna canteremo Alleluia: perché saremo certi della resurrezione dei morti.