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Omelia Don Carlo 7 maggio 2020
*7 maggio 2020*
“Gesù è il primogenito dei morti”. Questo è l’annuncio cristiano. In natura è il contrario: c’è il primogenito dei vivi, non il primogenito dei morti. Io sono primogenito di cinque fratelli vivi: gli altri quattro sono secondogenito, terzogenito ecc. In natura c’è riproduzione di un altro individuo, diverso da te, ma non c’è la rigenerazione di te. Tu, una volta morto, non rinasci più. Per questo i greci chiamano gli uomini “thnetòi”: “mortali”, definiti dalla morte, nati per morire e basta. La natura non dà speranza. Questo spiega il tono tragico dei pagani, antichi e moderni, come canta crudamente Vasco: “niente dura…”. Se niente dura, se nessuno dura, non puoi amare nessuno “per sempre”: puoi amare “per adesso”, col cuore frenato, contratto, un po’ infartuato… Nessuno, se ci pensa, può abbracciare fino in fondo ciò che è mortale. Però da sempre gli innamorati si promettono il “per sempre”. Viva l’inconscio! … direbbe Freud. Io dico “Viva il cuore!”… che ha memoria della promessa di eternità che il creatore ci ha messo dentro. In questo orizzonte tragico, contraddittorio, irrompe Gesù risorto, “primogenito dei morti“, ”rigenerato” dopo la vita naturale! E’ un fatto inaudito e “non trattabile“, non conosce soluzione intermedia: o è vero o è falso. E la risposta che uno dà gli cambia tutto. Nella mia vita il primo cambiamento è la possibilità di amare “per sempre”: di lanciare sempre il cuore oltre l’ostacolo. Perché l’ostacolo degli ostacoli, la morte, non è stata eliminata, ma “attraversata”: è ormai un ostacolo ”sfondato”. Sfondato da Lui, sfondabile da tutti. Il secondo cambiamento è che adesso la mia vita è un’appassionata avventura, tutta tesa a verificare come vive chi non crede a Cristo risorto e come vive chi ci crede. Dialoghi sotto questo livello mi sono diventati così insipidi…
Omelia Don Carlo 6 maggio 2020
*6 maggio 2020*
“Riservatemi Barnaba e Paolo per l’opera cui li ho chiamati”. “Riservatemi” è riduttivo: manca lo scopo. Ἀφ-ορίσατε è “svelate l’orizzonte”, lo scopo: il compito di Barnaba e Paolo nel mondo. Che è lo stesso compito di Gesù. E’ il compito di quelli che Gesù sceglie: è il mio, è il tuo. Per questo compito tutto di noi diventa prezioso, nulla è più da buttare. Quando abbiamo un calo di autostima, ci sentiamo brutti, inutili, perdiamo entusiasmo, è perché dimentichiamo d’essere stati “riservati”, come Barnaba e Paolo, per l’opera di Gesù nel mondo. Che è l’opera più preziosa per il mondo: più della scienza, della politica, dell’arte, dell’affetto. Non perché diventiamo capaci di fare chissà quali cose, ma perché anche la cosa più piccola che facciamo ha lo stesso orizzonte dell’opera di Gesù: ci rende, come Gesù, presenza di Dio per gli uomini… ”Chi vede me, vede chi mi ha mandato”. Se abbiamo la coscienza di Gesù, noi prestiamo, come Gesù, la nostra faccia a Dio. Diventiamo, come Gesù, la faccia di Dio nel mondo. Se nel mondo manchiamo noi non mancano appena medici, ingegneri, artisti, politici: manca la faccia di Dio. Perciò manca la faccia degli uomini: perché gli uomini sono immagine di Dio. Nel mondo progrediranno scienza, tecnica, economia, il mondo sarà abitato da miliardi di uomini, ma saranno uomini senza faccia: uomini che non sanno chi sono. Avranno meno gioia e allegria, come dice il salmo: ”Se vedono Dio gioiscono le nazioni, si rallegrano”… ma se uomini e nazioni non vedono Dio s’accontentano delle gioie della natura: che ci riserva sempre tante gioie… e tanti virus. Perché la natura non è Dio.
Omelia Don Carlo 5 maggio 2020
*5 maggio 2020*
“Barnaba e Paolo rimasero un anno ad Antiochia dove per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani”… perché “cristiani” è l’unico aggettivo che li abbraccia tutti… tanto sono diversi sul resto: razza, religione di provenienza, tradizione, morale, abitudini… Immaginate un’assemblea ad Antiochia, i capi fanno una proposta per un’attività comune… sempre qualcuno ha da ridire. L’unanimità? Ad Antiochia è … Mission: impossible! Eppure ad Antiochia nessuno teme divisioni. Cosa rende questa gente così audace nell’esibire la propria diversità? E cosa rende i capi così sereni rispetto all’unità? Una cosa: tutti, base e capi, sono certi di ciò che li unisce. Appena uno dice ”Cristo”, tutti s’inginocchiano e s’abbracciano. Appena uno mette l’accento su qualcos’altro… riparte il vulcano… La comunità di Antiochia è un miracolo vivente: solo Cristo tiene insieme gente così. Li vedi e dici: come sono ”diversi”! Ma nessuno può dire: come sono ”divisi”. Perché l’unità la fanno sull’essenziale, non sui particolari. Ad Antiochia sono talmente uniti sull’essenziale, da essere liberi di essere diversi su tutto il resto. Nel Cristianesimo si realizza il matrimonio miracoloso tra l’unità della comunità e la diversità: l’unicità di ogni persona. Questa è la bellezza dell’unità nella Chiesa, come dicevano i padri: “In necessariis unitas. In dubiis libertas. In omnibus Charitas. Sull’essenziale, uniti. Nelle cose discutibili, liberi!! In tutto, carità. Ma dove accade questa miracolosa unità dei diversi? Accade tra gente che sta sull’essenziale. E nella Chiesa essenziale è il contenuto, mai le forme. ”Ecclesia semper reformanda”. Le forme, la Chiesa, le cambia sempre: le forme non la dividono perché non sono le forme che la uniscono. Come questa pandemia, che ha distrutto tante forme della nostra vita… e ci sfida a veder meglio cos’è essenziale per la vita.
Omelia Don Carlo 4 maggio 2020
4 maggio 2020
“I fedeli circoncisi rimproverano Pietro: sei entrato in casa di uomini non circoncisi!”. I fedeli circoncisi sono ebrei diventati cristiani: che però continuano a ragionare in base ai precetti della legge ebraica, che resta criterio di giudizio su tutto: rapporti, morale, religiosità, ogni aspetto della vita. Quella legge stabilisce il valore delle cose: è bene ed è sacro ciò che rientra in quella legge. Il resto è male, profano, impuro. Non rifiutano Cristo, ma lo riducono a ciò che rientra in quella legge. Per loro quella legge vale più di Cristo, ha sempre l’ultima parola su tutto e su tutti: anche su Pietro, che è il papa. Loro ne sanno più del Papa: infatti chiamano Pietro a discolparsi davanti a loro. Non sono cattivi: sono ignoranti. Non hanno un problema morale, ma di conoscenza: gli manca l’essenziale della fede. Non sanno che il Cristianesimo non è una legge, ma è l’annuncio di un fatto: un uomo, morto, ora è vivo e ti dice, come a Pietro in sogno, …”Ciò che Dio ha purificato, tu non chiamarlo profano”. Con Cristo finiscono sacro e profano, finisce ogni legge morale o religiosa. Il valore è Cristo: ciò che Cristo è, ciò che Cristo pensa e ama. Il bene è Lui, accogliere Lui e tutto ciò che Lui accoglie. Senza Cristo risorto è impossibile abbracciare tutto: resta sempre qualcosa di inaccettabile, anche di te stesso, qualcosa che per te resta impuro e profano. Quando ci sentiamo sempre mancanti, di qualcosa o di qualcuno, e ci sembra di perdere dei pezzi, non è che non siamo buoni cristiani: è che siamo cristiani circoncisi, con un punto indiscutibile in testa, che è più sacro di Cristo. Ma non è Cristo.
Omelia Don Carlo 3 maggio 2020
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3maggio20
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“All’udire queste cose si sentirono trafiggere il cuore”. Un terremoto emotivo sconosciuto, irriducibile alle emozioni naturali. Chi lo descrive è Luca, medico, laureato in Grecia. Tremila persone, diciassette etnie e lingue diverse… Pietro parla aramaico, nel dialetto della Galilea, ma la sua voce tocca il cuore a ognuno, come… “tais emeterais glossais”, “la voce della mamma”. Gli apostoli hanno un flash… in un attimo capiscono… quei tremila provano la stessa emozione che han provato loro per tre anni quando parlava Gesù… La stessa emozione provata dai due di Emmaus quando… “gli ardeva il cuore nel petto lungo la strada…”. Provata da Maddalena quando nel giardino s’accorge che il giardiniere è Gesù risorto e si lancia ad abbracciarlo… La potenza evocativa di quell’emozione è uno dei segni della resurrezione di Gesù. La potenza di vita che bruciava nel cuore di Gesù ora è presente mediante l’umanità di Pietro e degli apostoli. Ciò che accade a Gerusalemme quel mattino è Lui, realmente vivo, non un’allucinazione collettiva, come si vede nel dialogo con Pietro: “Cosa dobbiamo fare? Convertitevi!”. Quelli si convertono, cambiano vita, si immedesimano nella vita degli apostoli, come gli apostoli si erano immedesimati nella vita di Gesù. Gesù dimostra d’esser vivo perché la sua vita non è più solo sua, non è finita nel sepolcro: è di nuovo così presente e potente da raggiungere e cambiare chi l’accoglie, anche quando fisicamente Lui non c’è più. E’ una vita che attraversa tempo e spazio, da duemila anni, e continua a trafiggere i cuori, a conquistarli per la pienezza che porta. Una pienezza che non ha bisogno di giustificarsi o di spiegarsi: la vita, se è piena, si vede. Se è mancante, se perde pezzi… si vede.