Omelia Don Carlo 5 maggio 2020


*5 maggio 2020*
“Barnaba e Paolo rimasero un anno ad Antiochia dove per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani”… perché “cristiani” è l’unico aggettivo che li abbraccia tutti… tanto sono diversi sul resto: razza, religione di provenienza, tradizione, morale, abitudini… Immaginate un’assemblea ad Antiochia, i capi fanno una proposta per un’attività comune… sempre qualcuno ha da ridire. L’unanimità? Ad Antiochia è … Mission: impossible! Eppure ad Antiochia nessuno teme divisioni. Cosa rende questa gente così audace nell’esibire la propria diversità? E cosa rende i capi così sereni rispetto all’unità? Una cosa: tutti, base e capi, sono certi di ciò che li unisce. Appena uno dice ”Cristo”, tutti s’inginocchiano e s’abbracciano. Appena uno mette l’accento su qualcos’altro… riparte il vulcano… La comunità di Antiochia è un miracolo vivente: solo Cristo tiene insieme gente così. Li vedi e dici: come sono ”diversi”! Ma nessuno può dire: come sono ”divisi”. Perché l’unità la fanno sull’essenziale, non sui particolari. Ad Antiochia sono talmente uniti sull’essenziale, da essere liberi di essere diversi su tutto il resto. Nel Cristianesimo si realizza il matrimonio miracoloso tra l’unità della comunità e la diversità: l’unicità di ogni persona. Questa è la bellezza dell’unità nella Chiesa, come dicevano i padri: “In necessariis unitas. In dubiis libertas. In omnibus Charitas. Sull’essenziale, uniti. Nelle cose discutibili, liberi!! In tutto, carità. Ma dove accade questa miracolosa unità dei diversi? Accade tra gente che sta sull’essenziale. E nella Chiesa essenziale è il contenuto, mai le forme. ”Ecclesia semper reformanda”. Le forme, la Chiesa, le cambia sempre: le forme non la dividono perché non sono le forme che la uniscono. Come questa pandemia, che ha distrutto tante forme della nostra vita… e ci sfida a veder meglio cos’è essenziale per la vita.