Omelia Don Carlo 3 maggio 2020
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“All’udire queste cose si sentirono trafiggere il cuore”. Un terremoto emotivo sconosciuto, irriducibile alle emozioni naturali. Chi lo descrive è Luca, medico, laureato in Grecia. Tremila persone, diciassette etnie e lingue diverse… Pietro parla aramaico, nel dialetto della Galilea, ma la sua voce tocca il cuore a ognuno, come… “tais emeterais glossais”, “la voce della mamma”. Gli apostoli hanno un flash… in un attimo capiscono… quei tremila provano la stessa emozione che han provato loro per tre anni quando parlava Gesù… La stessa emozione provata dai due di Emmaus quando… “gli ardeva il cuore nel petto lungo la strada…”. Provata da Maddalena quando nel giardino s’accorge che il giardiniere è Gesù risorto e si lancia ad abbracciarlo… La potenza evocativa di quell’emozione è uno dei segni della resurrezione di Gesù. La potenza di vita che bruciava nel cuore di Gesù ora è presente mediante l’umanità di Pietro e degli apostoli. Ciò che accade a Gerusalemme quel mattino è Lui, realmente vivo, non un’allucinazione collettiva, come si vede nel dialogo con Pietro: “Cosa dobbiamo fare? Convertitevi!”. Quelli si convertono, cambiano vita, si immedesimano nella vita degli apostoli, come gli apostoli si erano immedesimati nella vita di Gesù. Gesù dimostra d’esser vivo perché la sua vita non è più solo sua, non è finita nel sepolcro: è di nuovo così presente e potente da raggiungere e cambiare chi l’accoglie, anche quando fisicamente Lui non c’è più. E’ una vita che attraversa tempo e spazio, da duemila anni, e continua a trafiggere i cuori, a conquistarli per la pienezza che porta. Una pienezza che non ha bisogno di giustificarsi o di spiegarsi: la vita, se è piena, si vede. Se è mancante, se perde pezzi… si vede.