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Omelia Don Carlo 21 maggio 2020
*Omelia, 21 maggio 2020*
“Quando venne la pienezza del tempo”.
La pienezza del tempo: il compimento non è la fine del tempo, la fine della storia, la sistemazione tranquilla di tutte le cose. È che inizia il tempo vero e il tempo vero ha una caratteristica, [cioè] che è un tempo drammatico in cui ti accorgi che tu non controlli più niente, tanto meno il rapporto con Gesù. Quello che sconcerta gli apostoli: “Un poco mi vedrete, un poco non mi vedrete”. Vado, torno, riappare, non compare… Non mi possederete mai in modo definitivo e tranquillo. Questo è il tempo vero, il tempo compiuto perché l’amore vero non sopporta abitudini, possesso, automatismi. La fede di Gesù non è una tisana un po’ “buddisticheggiante”, è drammatica e anche traumatica negli affetti.
“È bene per voi che io me ne vada”, che spezzi un legame che dura da tre anni. Poi tornerò, poi tornerò via, e poi tornerò ancora. Perché è bene per voi sentire non solo la mia presenza, ma la mia mancanza. “Che cosa manca quando manco Io?” Che vuol dire: “che novità porto Io nel mondo?”
Che pena tanti cristiani che non è che gli manca Cristo, ma gli manca la coscienza di Cristo. San tutto di Cristo fuorché una cosa: fuorché la ragione per essere entusiasti. Questo tempo di privazioni drammatiche nel presente e nel futuro come lo intravediamo, è un tempo prezioso per capire l’essenziale della vita e della fede, per non logorarsi in mille particolari. Come dice a Betania Gesù a Marta: “Ti affanni e ti agiti per troppe cose. Ne fai tante, tutte buone per carità, non sei entusiasta di nessuna, perché solo l’essenziale entusiasma. E tu ti perdi in cose secondarie”. _Porro unum necessarium_, l’essenziale è una cosa sola. Quando non ci troviamo spenti, logorati, estenuati, un po’ sempre disagiati, mai a casa, è perché ci sprechiamo in particolari secondari.
Omelia Don Carlo 19 maggio 2020
Omelia 19 maggio 2020
“Ho detto che vado al Padre, la tristezza vi riempie il cuore.
Ma finora chi l’ha riempito il vostro cuore? Non io, perché è evidente che voi non vi siete immedesimati in me e non siete immedesimati in Chi riempie il mio cuore. Per questo siete tristi, non tanto perché io adesso vado via, ma anche se resto, voi siete tristi perché mi siete estranei.
Siete estranei al mio cuore e anche al vostro”. Perché la tristezza è una mancanza, un dolore per un bene mancante, ma non è mancanza di qualcosa o di qualcuno. È mancanza di ognuno a se stesso, è mancanza della coscienza di sè: questa è la tristezza vera. Per questo Gesù, dopo, dice: “Basta! È ben preferibile, per voi, che io me ne vada perché se non vado non c’è posto per lo Spirito e la coscienza a voi non ve la posso dare io; ci ho provato per tre anni e ho fallito. La coscienza vostra è opera dello Spirito che dovete imparare a domandare. Perché il vostro errore, in questi 3 anni, è che vi siete appiattiti su di me, tanto da non capire veramente chi sono Io. Mi avete ridotto! Non avete colto il fuoco che mi brucia dentro perché il respiro si trova solo nel desiderio del Padre”.
Quando siamo senza respiro, appesantiti, l’orizzonte è cupo, è perché non desideriamo più il Padre – ciò che desidera Gesù – e non domandiamo lo Spirito che ci dà la coscienza di noi stessi. Non c’è il respiro senza il desiderio del Padre e senza la coscienza di sè perché la fede cristiana non è incentrata su Cristo, ma sulla Trinità. Il Cristiano è uomo che non è cristocentrico ma è come Gesù: tutto spalancato a guardare il Padre e tutto proteso a vedere dove andrà lo Spirito.
Omelia Don Carlo 18 maggio 2020
Omelia 18 maggio 2020
“Cantate a Dio nell’assemblea dei fedeli”.
È da troppo tempo che non cantiamo a Dio nell’assemblea dei fedeli. È per questo che siamo così contenti di cantare stamattina. Ci è mancata questa forma di espressione della nostra fede. La forma ci è mancata, ma il contenuto no! Non ci è mancato Cristo risorto, anzi. Da mille indizi si capisce che oggi siamo più certi, più vividi e più impetuosi di due mesi fa. E questo rende evidente che Cristo risorto è irriducibile alle forme in cui si rivela, è evidente che in questi due mesi e mezzo – come duemila anni fa, nelle apparizioni nel cenacolo, ad Emmaus – attraversava porte e finestre ed entrava a porte chiuse. Altro che le mascherine o i device di protezione individuale! Cristo risorto e il Suo Spirito hanno una potenza di attraversamento che non li ferma nessuna “protezione civile”. È entrato dentro la quarantena, ci ha raggiunti dove eravamo, ha attraversato tutto e ci ha resi più certi, più convinti che è Dio. E ha dimostrato, Cristo risorto, che spazio e tempo – prima che morisse, per Lui, uomo, come per tutti – sono un carcere, un impedimento, un lockdown: o sei qui o sei là, o adesso o dopo la quarantena. Spazio e tempo sono una forma a priori, diceva Kant, un carcere. Cristo risorto – non c’è mascherina che tenga! – spazio e tempo non sono più un carcere che lo fermano, non sono più il lockdown; sono uno strumento espressivo, li usa per esprimersi, per rendersi presente. E li ha usati e ha dimostrato come è incontrabile ovunque e anche le forme dei sacramenti le supera di schianto. È buffo perché i vescovi hanno dovuto abolire il precetto della Messa festiva perché si sono accorti che non teneva, ma Cristo è entrato dappertutto e ha toccato i cuori ben di più di tutto, di tutte le assemblee abitudinarie…
Perché ci ha fatto questa grazia, dentro la disgrazia (il virus è una disgrazia, non è una grazia)?
Dice questo Salmo: “Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi”.
Ecco, ci ha fatto questo miracolo perché non siamo scandalizzati, cioè intrappolati nelle forme e nei segni abituali, tradizionali. Che tristezza se oggi che “attacchiamo” la fase 2, ritornassimo tristemente alle forme precedenti. Cristo risorto – speriamo che non se ne offendano nessuno dei due – è un po’ come Paganini che non concedeva mai il bis, non gli piaceva ripetersi. Per lui ogni concerto se lo viveva in quel momento, mai ha concesso il bis. Diceva:
“Non posso, in dieci minuti, cambiar vita!”.
Ecco Dio, secondo me, ha tanto goduto ad inventarsi il mondo dal nulla che ci ha chiamati, dentro questo mondo vecchio che sta morendo, a reinventarGli il mondo nuovo tutte le mattine.
Omelia Don Carlo 17 maggio 2020
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17maggio20
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“Adorate Dio nei vostri cuori”. Prima di Gesù si adora Dio in mille modi, ma non nel cuore: perché Dio è ignoto al cuore e il cuore è ignoto a se stesso. La fede di Gesù è atto del cuore, come dice alla Samaritana: ”I veri adoratori adorano Dio in spirito e verità”. Per credere serve solo la libertà. Ma questa fede totalmente interiore non resta interiore: esplode, investe tutta la realtà esteriore. Investe il mondo. Non per conquistarlo con la forza: per sfidarlo con la gioia. La fede cristiana innesca nel cuore una gioia incontenibile, dice questo salmo: ”Vedete le opere di Dio, per queste esultiamo di gioia”. Come dice Ibsen: “Insopportabile non è il dolore, ma la gioia… Quella devi condividerla! Che felicità c’è nell’essere contenti da soli? Per la gioia bisogna darsi da fare almeno in due”. Dio crea il mondo perché è troppo contento! I cristiani sono missionari per contentezza. Non impongono: propongono. Chi deve imporre non è contento. Noi cristiani, dice Pietro, siamo… “pronti a rispondere a chi chiede ragione della nostra speranza”. Ci servono luoghi, riti, assemblee, norme… come forme e strumenti espressivi: ma sacro è il contenuto, non le forme. La nostra è fede “incarnata”, non “incartata”: abbraccia la vita in forme sempre nuove, non s’irrigidisce su leggi scritte, immutabili. Infatti primo frutto della fede cristiana è la fantasia: la creatività. Noi imitiamo Dio creatore, che s’inventa il mondo dal nulla. Un cristiano non s’alza al mattino per ripetere riti, ma per reinventarsi il mondo. Qui fiorisce quella fragranza di un umano autentico che identifica l’esperienza cristiana.
Omelia Don Carlo 16 maggio 2020
*16 maggio 2020*
“Siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù”. E’ da lassù che si vede la bellezza delle cose di quaggiù. E’ dal cielo che si vede la bellezza della terra, dice Dante. Le cose della terra viste dalla terra sono meno belle, meno amabili. Come nel panorama: dalla cima è tutto bello. Fuori dal panorama il particolare si spegne: può diventare una tomba. Cristo risorto porta quaggiù lo sguardo di lassù: mostra le cose come le vede Dio. Bellissime! Hai voglia di festeggiare, come Dio dopo la creazione. La fede è lo sguardo del cielo sulla terra. L’uomo di fede porta sulla terra lo sguardo di Dio. Cosa accade davanti a un uomo di fede? “Poiché non siete del mondo il mondo vi odia“. La fede scatena l’odio del mondo, dice Gesù: “perché voi siete “nel” mondo, ma non “del” mondo“, e la bellezza che portate non viene “dal” mondo. Viene dal cielo: da Dio. Non è opera dell’uomo: è dono di Dio. Ma il mondo rifiuta il dono: pensa che la felicità non viene dall’amore, ma dal potere. Pensa che Dio è felice perché onnipotente e che noi siamo tanto felici quanto potere abbiamo ed esclude a priori che all’uomo la felicità possa essere donata. Invece Dio è felice perché ama: crea il mondo per amore, viene nel mondo a mendicare amore: Pietro, mi ami? La felicità non dipende da quanto possiamo, ma da quanto amiamo. Scopo della vita non è conquistare potere, ma imparare ad amare. Il potere è di pochi, e sempre effimero, sfuggente. L’amore è di tutti: anche l’uomo più sconquassato un cuore per amare ce l’ha sempre.