Archive

Omelia Don Carlo 1 settembre 2020

Omelia, 01 settembre 2020

“Noi abbiamo il pensiero di Cristo”.

Una sintesi potente, sfidante di Paolo: che é un pensiero miracoloso, più dei Suoi miracoli, perché è un pensiero che abbraccia tutto. È come uno che è in cima all’Everest: nulla resta fuori da quel che vede. Ma il pensiero di Cristo non è un pensiero totalitario come quello di Hitler o di Stalin, violento, che impone.
Cristo guarda, riconosce quel che c’è, non aggiunge e non toglie nulla alla realtà, è un pensiero totalizzante, non totalitario. Come è lo sguardo, il pensiero che il Creatore ha comandato ad Adamo appena gli mostra il mondo, gli dice: “Dà un nome ad ogni essere”, cioè “Riconosci il posto di ogni cosa, anche il posto del male, il male chiamalo male e combattilo, non giustificarlo mai”.
Questo è il pensiero di Cristo, il pensiero più umano, io ci respiro! Nei particolari io ci muoio. E io cerco Dio perché Dio è tutto, sennò non mi interesserebbe. La mattina mi sveglio e ho il desiderio del tutto, non ho il desiderio di Dio o di Gesù, ci devo arrivare di nuovo a dare il nome al tutto. E Gesù io Lo seguo perché mi introduce al tutto.
E da cosa capisco che io “ho il pensiero di Cristo” come Paolo?
“Erano” – dice il Vangelo – “davanti a Gesù a Cafarnao, erano stupiti del Suo insegnamento”. Lo capisco dal fatto che conoscere e amare tutto, il tutto, mi riempie di stupore, mi stupisce chi incontro perché tutti siamo fatti per la totalità. L’altro giorno ho incontrato i miei compagni della maturità, non li vedevo da 51 anni alcuni e mi ha colpito che ero l’unico tutto interessato, preso a valorizzare tutto di tutti; erano tutti dialettici, polemici, ognuno tagliava via dei pezzi, anche della propria vita. È tanto vero che siamo fatti per la totalità che quando l’abbiamo abbracciata e ne siamo stati abbracciati, ci siamo scoperti dentro questo panorama totale, ci siam trovati liberi, come dice Paolo.

“Io giudico tutto, senza essere giudicato da nessuno”, cioè “Tutti mi giudicano, ma io sono libero dai loro giudizi”: è il contrario di quel che accade nel mondo dove tutti giudicano tutti e, quindi, tutti sono schiavi del giudizio di tutti perché nessuno ha il giudizio vero su se stesso, cioè nessuno sa chi è, che posto ha lui dentro il panorama totale. Cioè, nel mondo nessuno ha “il pensiero di Cristo”, ma se nel mondo ci sono io il mondo può scoprire come è miracoloso il pensiero di Cristo.

Omelia Don Carlo 31 agosto 2020

Omelia, 31 agosto 2020

“Oggi si compie questa scrittura”.

La scrittura racconta l’attesa della felicità del popolo ebraico, l’attesa di felicità che ha mosso Gesù. Quel giorno a Nazareth Gesù annuncia il compimento dell’attesa. La felicità è il matrimonio tra l’attesa e il compimento, tutti e due.
Noi siamo tristi quando ci manca o l’attesa, o il compimento perché non puoi attendere a lungo se non vedi il compimento, ma non puoi fare l’annuncio a chi non attende niente. Gesù lo proibisce, proibisce di dar le perle ai porci, a chi banalizzerebbe l’annuncio. L’annuncio è per chi è affamato, tutto mancante, tutto un grido, tutto fuori posto. Lo scopo della comunità cristiana non è di farci star bene, ma di destare ed innescare il desiderio per la ricerca del bene. È maledetto chi spegne l’attesa; è benedetto chi desta l’attesa anche se l’attesa non garantisce la fede – lo si vede bene da Nazareth. L’attesa è solo condizione per capire l’annuncio. A Nazareth c’è l’attesa, la Scrittura la riesprime di nuovo, tutta la gente è lì ad ascoltarla con gli occhi fissi mentre Lui la legge, c’è l’annuncio del compimento, ma “Lo condussero sul ciglio del monte per gettarLo giù”, perché per credere non basta l’attesa e non basta neppure l’annuncio! Crede chi vuole veramente bene a se stesso e non è ovvio che uno voglia veramente bene a sé. È ovvio che uno voglia un bene comodo, ma non il bene vero, il bene a qualunque costo, anche a costo della croce, non è ovvio neanche per Gesù nel Getsemani: fu lotta, fu battaglia, la fede fu un atto di libertà e sarà sempre un atto di libertà. Tutto il resto è preparazione a questo atto, condizione di questo atto, ma mai la sostituzione di questo atto.

Omelia Don Carlo 30 agosto 2020

Omelia, 30 agosto 2020

“Se uno vuol venire dietro a me”.

Ma perché devo venire dietro a te? Perché val la pena dar la vita a Gesù? La mia vita è preziosa, è la sola che ho e Gesù stesso lo dice: “A che serve a un uomo guadagnarsi il mondo se perde la sua vita?” Chi la merita?
Un uomo solo nel mondo merita la mia: l’uomo che è più felice di me, più umano, più libero, più intelligente, più buono, cioè l’uomo che mi propone un’esperienza umana che m’affascina, piena, che va verso il suo compimento. Come Paolo che scrive ai Romani: “Non conformatevi a questo mondo”: μὴ συσχηματίζεσθε τῷ αἰῶνι τούτῳ (mé suskematízeste tó aióni túto). Συσχηματίζεσθε (suskematízeste) vuol dire
fate saltare gli schemi, fate esplodere gli schemi del mondo, “sformatattate” tutto, come quando devo riformattare l’hard disk. Ecco, il format di prima è un carcere: i pensieri, i sentimenti, le abitudini… Fate saltare tutto il pensare e il sentire di prima perché lì ci state stretti, è un carcere, ve lo si vede in faccia che non ci respirate, il cuore ci muore, non vien preso sul serio nel suo slancio più potente! “Ma non vi rendete conto” – dice Paolo – “che negli schemi del mondo i conti non tornano mai?” Perché il mondo ha una mentalità, appunto, mondana, oggi mi è più chiaro dire naturalistica: tutto nasce con la natura e tutto finisce con la natura e la scienza ti fa capire le leggi della natura. Non ti permettere di chiedere qualcosa che è oltre la natura e di cui la scienza non dà ragione. Ecco, quello che Giovanni chiama “Cosmos” e Paolo chiama “sarx” è la stessa cosa, è come dice pure Cicerone, “L’uomo realista è il finibus naturae contentus”: è quello che s’accontenta dei limiti della sua natura.
Ma io non sono natura! Io son persona, non sono cosa, non sono un animale, sono un uomo. Anzi, Gesù dice “sono un figlio d’uomo, figlio dell’uomo. E il figlio dell’uomo sta per venire nella gloria di Dio, sta per venire nel mondo un uomo, un figlio d’uomo che sono Io, che vi mostra la gloria di Dio, la grandezza del divino per cui siete fatti. Voi siete fatti per partecipare della stessa grandezza di Dio”. La natura vi fa venire le vesciche, il mondo intero vi sta stretto, è per questo che Paolo dice ai Romani, che sono i padroni del mondo: “Fate saltare – μὴ συσχηματίζεσθε (mé suskematízeste)- fate saltare gli schemi del mondo. È solo se seguite Cristo che potrete respirare da uomini, potrete desiderare, pensare ed amare da uomini. La comunità cristiana che vengo a ravvivare a Roma ha questa sfida”.
Come è raro oggi trovare comunità cristiane che abbiano il respiro di quella in cui sta per giungere Paolo e ci starà per due anni agli arresti domiciliari, poi avrà il processo. Chiediamo a Dio di essere amici con questo respiro, portatori di questa sfida.

Omelia Don Carlo 28 agosto 2020

Omelia, 28 agosto 2020

“Inquietum est cor nostrum, donec in te requiescant”.

Il grido di Agostino a cui oggi facciamo la festa, la fede per lui è pace. Prima la vita era piena di inquietudini, e dopo pure. Non si può dire che convertendosi sia diventato quieto.
Che differenza c’è tra l’inquietudine prima di Cristo e quella dopo Cristo?
È che la pace cristiana non è una serenità inerte. La prima inquietudine – si vede benissimo – è la ricerca di un non-so-cosa. Quella terribile favola che mi fu fatta leggere in seconda elementare, una fiaba russa, che aveva come titolo: “Va’ non so dove e portami non so che”. Dà angoscia, infatti, dopo non ho letto le altre dieci favole che c’erano nella raccolta. Uno che non sa cosa cerca, cerca dappertutto, quindi non va mai a fonda di nulla. È come un cercatore d’oro che dà picconate in qua e in là, a caso. E più piccona e più è fatica sprecata che lo riempie di amarezza, è una ricerca inconcludente. Come dice il don Giovanni: “Se tu ci abbandoni, se tu ci abbandoni…” una storia di vittime e basta. La ricerca dopo che il cercatore ha picchiato la prima pepita è l’opposto, non è che dopo cerca meno di prima, piccona molto più di prima! Fa tanta più fatica di prima, ma è felicissimo di farla, se la gode tutta. Perché piccona dove vede il luccichìo, e più trova più piccona, più piccona più trova. Ecco, questa è l’inquietudine del santo cristiano ed è la forma di natura dell’amicizia tra i santi e i cristiani, quelli che hanno cominciato a trovare le pepite. E dovunque picconano, picconano fino in fondo, perché sanno che le pepite son dappertutto. Come disse il più grande santo cristiano, Francesco d’Assisi, che prima pensava di trovar l’oro soltanto in Evangelium sine glossa, il Vangelo senza i commenti, cioè senza le omelie dei preti e i catechismi delle parrocchie, diceva così ed era sano. Dopo che ha trovato Cristo, “piccona” dappertutto perché sa che le pepite sono in “tucte le creature”, che in tutto c’è la pepita, è solo un problema di cercare fino in fondo, di bucare fino in fondo un particolare, di fare una esperienza radicale di quel particolare. Experientia, expertus in greco ex-poreuo, vuol dire bucare fino in fondo, trapassare l’apparenza. In fondo al dettaglio – direbbe Von Balthasar – c’è il tutto, tedesco Das ganz in der fragment.

Omelia Don Carlo 26 agosto 2020

Omelia, 26 agosto 2020

“Beato chi teme il Signore”.

La saggezza ebraica, il vertice dell’esperienza umana e religiosa: non c’è felicità senza un sacro timore di Dio – sarà sacro finché vuoi ma timore resta. Nella felicità, anche nella concezione ebraica, resta come un’ombra di paura che intristisce. Neppure la fede ebraica elimina totalmente la paura di Dio. E Dio è un Signore che comanda e punisce chi disubbidisce, ti tiene a distanza, non ti concede mai una familiarità totale e libera. Quella fede non dà mai una totale serenità e libertà. Anche il nome di Dio fa paura, infatti è impronunciabile, nei testi in ebraico c’è il circellus masoreticus, un segnino che dice che devi alzarti, non parlare, devi usare un sinonimo o un codice, non puoi mai dire il suo nome, non puoi guardarlo negli occhi, il contrario del Dio di Gesù.
“Per chi osserva la parola di Cristo” – dice Paolo – “l’amore di Dio è perfetto”.
Cioè un amore senza timore, senza ombre, perché Dio per Gesù è padre, abbà, papà, babbo, il totalmente familiare che ti rende totalmente libero nel rapporto con Lui. E se tu sei libero con Gesù, con Dio, sei libero di fronte a tutti. Se no poco o tanto sei schiavo di tutto, magari sei schiavo per amore ma schiavo sei. Quando noi ci sentiam liberi, in qualunque circostanza, è perché non siam liberi davanti a Dio. Ma la paura di Dio nasce dalla non-conoscenza, dal non sapere chi è veramente Dio.
Dove trovi la luce che ti illumina il volto vero di Dio? Quali segni, quali parole, quali sguardi, quali rapporti, quali volti ti fanno sentire Dio come lo sente Gesù?