Omelia Don Carlo 26 agosto 2020


Omelia, 26 agosto 2020

“Beato chi teme il Signore”.

La saggezza ebraica, il vertice dell’esperienza umana e religiosa: non c’è felicità senza un sacro timore di Dio – sarà sacro finché vuoi ma timore resta. Nella felicità, anche nella concezione ebraica, resta come un’ombra di paura che intristisce. Neppure la fede ebraica elimina totalmente la paura di Dio. E Dio è un Signore che comanda e punisce chi disubbidisce, ti tiene a distanza, non ti concede mai una familiarità totale e libera. Quella fede non dà mai una totale serenità e libertà. Anche il nome di Dio fa paura, infatti è impronunciabile, nei testi in ebraico c’è il circellus masoreticus, un segnino che dice che devi alzarti, non parlare, devi usare un sinonimo o un codice, non puoi mai dire il suo nome, non puoi guardarlo negli occhi, il contrario del Dio di Gesù.
“Per chi osserva la parola di Cristo” – dice Paolo – “l’amore di Dio è perfetto”.
Cioè un amore senza timore, senza ombre, perché Dio per Gesù è padre, abbà, papà, babbo, il totalmente familiare che ti rende totalmente libero nel rapporto con Lui. E se tu sei libero con Gesù, con Dio, sei libero di fronte a tutti. Se no poco o tanto sei schiavo di tutto, magari sei schiavo per amore ma schiavo sei. Quando noi ci sentiam liberi, in qualunque circostanza, è perché non siam liberi davanti a Dio. Ma la paura di Dio nasce dalla non-conoscenza, dal non sapere chi è veramente Dio.
Dove trovi la luce che ti illumina il volto vero di Dio? Quali segni, quali parole, quali sguardi, quali rapporti, quali volti ti fanno sentire Dio come lo sente Gesù?