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Omelia Don Carlo 18 marzo 2020

18 marzo 2020
“non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento”. E’ la sfida di Gesù: il più esile dei tuoi desideri è destinato al pieno compimento. Sono venuto nel mondo per darti questa certezza. Se mi segui ne sarai certo e potrai amare tutto ciò che ti piace, senza rinunciare a nessun desiderio. Il compimento dei tuoi desideri inizia su questa terra, ma non si realizza pienamente su questa terra: perché la terra è troppo piccola, non può ospitare tutta la tua felicità. La natura è imperfetta, nasce e muore: illude e poi delude. Come questa strana primavera: fa sbocciare i fiori sui colli bolognesi, poi ci impedisce di passeggiare sui colli e ci rinchiude in casa per il terrore del virus. La natura ha il compito di risvegliare i desideri, non di compierli: perché io non sono natura. Io sono persona e bramo l’eterno, l’infinito. La terra non può contenere l’eterno e l’infinito: può solo contenerne i segni, l’anticipo, la caparra, dice Paolo. Quell’inizio di paradiso che mi rende certo che il paradiso esiste, perché già lo assaporo. E’ come la caparra che non si restituisce: è già mia, non me la toglie più nessuno. Questa bellezza l’ho goduta, sono certo che esiste e che esisterà per l’eternità. Questa certezza non me la smonta più nessuno: è Cristo risorto che mi rende certo. Cristo risorto è come il sommelier che mi fa assaggiare e pregustare il miglior vino d’annata, mi apre la bottiglia davanti agli occhi… Questo è il cristiano cosciente: uno con gli occhioni spalancati e già l’acquolina sulle papille gustative… E’ già certo del pranzo perché il pranzo è già iniziato, anche se siamo appena all’aperitivo… ma quante ne vedete di facce cristiane così? Non mancano di fede: mancano di coscienza della fede. Non han seguito l’ammonimento di Mosè a Giosuè: “guardati dal dimenticare le cose che i tuoi occhi hanno visto, non ti sfuggano dal cuore per tutto il tempo della tua vita”. Non hanno mai studiato seriamente le cose che i loro occhi hanno visto: credono in Cristo, lo amano, ma non sanno Chi è colui che amano. Per i cristiani c’è un virus peggiore del coronavirus: il virus dell’ignoranza. Hanno l’eredità di Cristo risorto, potrebbero anticipare il paradiso sulla terra, ma vivono tristemente, senza entusiasmo, tutti mancanti, come tutti… Come un senzatetto che ha ricevuto una eredità miliardaria, ma nessun notaio gli ha letto il testamento e lui continua con la sua faccia da straccione. In questi giorni così drammatici ci servono amici notai, che ci leggono il testamento: che ci basta pensarli e ci cambia la faccia.

Omelia Don Carlo 17 marzo 2020

* 17 marzo 2020
“Quante volte devo perdonargli? Fino a sette volte?“… chiede Pietro: vuol sapere quante volte, la quantità, la misura. Ma il perdono non ha misura. Come l’amore, diversamente da ciò che immaginano i bambini… mamma, quanto bene mi vuoi? Tanto! Ma tanto quanto? …così?… E allargano le braccia… L’amore non ha misura, come Dio. L’amore di Dio è ”per-donum”, dono moltiplicato… all’infinito. Dio mi dice: ti “per-dono”, ti rinnovo il dono del mio amore all’infinito, io ti ridarò sempre la possibilità di ricominciare. Se accetti di esser perdonato non sarai mai disperato. Questo è il rapporto tra Dio e me ed è l’unico rapporto vero tra me e te. Pietro è spiazzato e Gesù rilancia… ”non ti dico fino a sette, ma a settanta volte sette”. Cioè, sempre! Ma nessuno è capace di perdonare sempre… Solo Dio. Si: solo Dio. E’ tanto vero che sul calvario anche Gesù chiede a Dio di perdonare chi lo uccide. Non dice: io mi sento di riuscire a perdonarvi… Dice semplicemente: Padre, perdona loro. Il perdono non è una cosa che Gesù “sente”, ma una cosa che Gesù “domanda” a Dio: il perdono è opera di Dio. Non è un sentimento da provare, ma una domanda da fare a Dio. E basta! Il perdono non è una cosa che io dò a te, ma una triangolazione: una cosa che io chiedo a Dio e Dio la dà a te. Non c’è bisogno che io mi senta di perdonarti: c’è bisogno che io lo voglia e che io lo chieda a Dio per te. E di domandare son capaci tutti e sempre. Tutti eccetto il disperato, che non ha mai incrociato lo sguardo di Gesù. Noi ogni giorno siamo perdonati e ogni giorno possiamo ripartire gioiosi, liberi: e offrire il perdono a chi è tentato di disperare, anche in questi giorni così duri… Perché il virus apre gli occhi sulla realtà, ma non apre i cuori, non li rende buoni. Il virus fa paura. Il cuore si converte solo all’amore: che un uomo, impaurito, può vedere solo nella faccia di un uomo perdonato.

Omelia Don Carlo 16 marzo 2020

16 marzo 2020
“nessun profeta è bene accetto nella sua patria“. “Pro-phetès”, “chi-parla-davanti“ a Dio e agli uomini. Profeta è un uomo che vive davanti a Dio e mette gli uomini davanti Dio: un uomo che è segno di Dio. Davanti a lui sei certo che c’è Dio. Ma perché un profeta non è accettato nella sua patria? Perché Gesù quel giorno fu rifiutato a Nazaret? Cosa disse di così insopportabile per i suoi compaaesani? ”C’erano molti lebbrosi ma fu guarito solo Naamàn, il Siro”. Gesù viene rifiutato perché li mette davanti a un Dio che fra tanti lebbrosi ne guarisce uno solo, Naamàn, un siriano. Per loro è ingiusto guarirne uno solo: e gli altri chi sono? Perché Dio non guarisce tutti? Perché fa delle preferenze? Se ne guarisce uno solo il contagio della lebbra continua e diventa una pandemia come il coronavirus. Ai suoi compaesani non interessano né profeti né miracoli perché non gli risolvono i problemi. Per questo Gesù viene rifiutato a Nazaret. E per noi a cosa servono i miracoli, i segni, i profeti? A cosa ci servono persone e segni che ci mettono davanti a Dio? Che ci danno la certezza che Dio esiste? A cosa ci serve la certezza di Gesù che Dio è nostro padre? Che importanza ha questo nei giorni del contagio? Noi cristiani temiamo il contagio come lo temono tutti, e come tutti preghiamo di esser salvati come Naamàn il Siro, ma in mezzo a tutti siamo chiamati ad essere profeti, ad essere segno come Gesù.

Omelia Don Carlo 15 marzo 2020

Omelia, 15 marzo 2020

”Il Signore è in mezzo a noi sì o no?” E’ il ragionamento degli ebrei nel deserto: se Dio è in mezzo a noi ci deve risolvere i problemi dell’acqua e delle cipolle. Se Dio esiste deve ammazzare il coronavirus. E’ l’idea di un Dio ”problem solving”, risolutore di problemi, che mette a posto la vita. Ma Dio non fa questo e Gesù non è venuto per questo. Allora cosa fa Dio? Cosa è venuto a fare Gesù nel mondo? ”Non indurite il vostro cuore”. E’ venuto a combatte l’indurimento del cuore: che il vangelo di Luca chiama “sklerokardia”. Non è un cuore “cattivo”, ma un cuore ”duro”: incallito, insensibile a quel che gli accade intorno. E’ un cuore chiuso in se stesso: niente più lo cambia, nessuno lo mette in discussione. E’ uno che ha già le sue idee, i suoi schemi in cui ha trovato un posto a tutto, anche a Dio. Può accadere di tutto, niente gli fa cambiare posizione. Ma un cuore chiuso non impara più niente e non cresce più. Non vedrà mai la sua grandezza e bellezza. Ciò che accade per un uomo così non è più segno, non gli insegna più niente: e non è più un compito per lui, qualcosa da amare, cui dedicarsi con tutte le sue capacità. Invece Gesù non viene a mettere a posto il mondo: questo tocca a noi con la scienza, la tecnica e la politica. Gesù viene a mettere a posto il nostro cuore: a darci un cuore nuovo capace di fare un mondo nuovo. Come accade alla samaritana: tre giorni con Gesù la trasformano, trasformano i suoi compaesani. Il villaggio di Sicar non è più quello: il cuore di quella gente non sarà mai più quello di prima. E nel nostro villaggio, nella nostra città, nell’appartamento dove siamo costretti in questi giorni, che novità porta Gesù? Cosa cambia affrontare il virus col cuore indurito o col cuore sensibile e spalancato?

Testimonianza Don Eugenio Nembrini marzo 2020

Ciao a tutti, testimonianza di Don Eugenio Nembrini:

“È interessantissimo che l’annuncio dell’angelo alla Madonna, l’annuncio dell’angelo a Giuseppe, l’annuncio degli angeli ai pastori contenga questa parola: “non temere, non temete”. Non temere cosa? Cosa? Sta accadendo in te l’iniziativa di Dio, anche se non la capisci tutta, anche se ci vorrà del tempo. Il non temere è l’inizio di ogni nostra giornata, questa inquietudine di Dio che cerca l’uomo e che ci dice: “piantala”, “non temere”. L’unica vera paura, l’unico vero dramma nella vita dell’uomo è quando ci proviamo noi con le nostre forze e ci troviamo tutti con il sedere per terra sempre. C’è un Gesù, c’è un Dio che  ci dice: non temere, ti porto sulle spalle, sono con te. Non temere, la mia è una compagnia reale”. Questa secondo me è la cosa più semplice, pulita e che gli angeli dicono veramente a tutti. Quindi, ognuno di noi così come è, di fronte a questo “non temere perché io, io faccio le cose, io sono con te”, ognuno provi a pensare a tutti i suoi casini: dolori, morti, malattie. Bene in quelle cose lì il mistero, l’angelo ci dice “non temere perché io faccio nuove tutte le cose”. Dobbiamo solo chiedere che questa compagnia di Gesù non la molliamo mai per vedere il miracolo di questa novità: “tutto diventa amabile”. (Don Eugenio)