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Omelia Don Carlo 17 aprile 2020
17 aprile 2020
“Gesù è la pietra d’angolo. In nessun altro c’è salvezza”. E’ la certezza perentoria di Pietro. Impossibile, pensa la folla, che ricorda la notte del rinnegamento. Impossibile che Pietro adesso sia così certo. Dove nasce la sua certezza? Ha elaborato il trauma, direbbe uno psicologo. No. E’ un’altro il suo segreto. Appena udì che era il Signore si strinse la veste, si gettò in mare.” Giovanni dice: sulla spiaggia c’è Gesù. Pietro si getta in acqua, arriva sulla spiaggia, fa colazione con Gesù: quella colazione gli basta per diventare certo. Gesù era nel sepolcro, adesso fa colazione con me: vuol dire che è risorto. E lo vedono tutti che è certo: lo vede anche Gesù, che gli dice: “Pasci le mie pecore”. Adesso sei pronto: ti affido la mia opera, il mio stesso compito, perché hai la mia stessa certezza. Sei certo di me, come io sono certo del Padre. Da quel momento Pietro va libero, incontro al mondo, incontro a tutti. Ma non in modo ottuso, ideologico, violento, come chi non guarda in faccia a nessuno: il contrario! Pietro guarda in faccia tutti: scruta ogni faccia che incontra, paragona la sua certezza con la certezza di chi ha davanti… Va pure a Roma, a scrutare la faccia dei romani, per vedere la forza e la debolezza dei padroni del mondo… Pietro non ha mai trovato una faccia più certa, più piena, più umana, più libera della sua. Ogni incontro glielo conferma, lo rende più consapevole: più certo. A Cristo non servono uomini “nati” certi, ma ”diventati” certi, come Pietro: uomini che schiantano i dubbi gettandosi nella mischia, di slancio, in ogni rapporto. I dubbi, dice la scienza, non li chiarisce il ragionamento, ma l’esperimento. Quest’esperienza rende Pietro così certo che Gesù lo chiama “kephà”, “la roccia”: che reggerà la Chiesa.
Omelia Don Carlo 16 aprile 2020
*16 aprile 2020*
“Perché continuate a fissarci come se fosse il nostro potere a far camminare quest’uomo?” Questo “fissarci” vi impedisce di capire. Voi fissate noi, vi fissate su di noi e non vedete il segno che noi siamo: non vedete che tutto in noi parla di un altro. Guardatela bene la nostra faccia: ciò che vedete non si spiega con ciò che vedete. Per capire ciò che vedete dovete affermare un altro. Noi siamo strumento del vostro incontro con Lui. Ma se il vostro sguardo è riduttivo, superficiale, voi non incontrate Lui e non cogliete la nostra bellezza vera. Ciò che più vi attrae di noi viene da Lui: se non guadate Lui noi vi deluderemo e ve ne andrete scandalizzati. Ma non saremo noi a deludervi: sarà il vostro sguardo superficiale e riduttivo dell’umano, che si illude di spiegare l’umano con l’umano. E’ uno sguardo falso perché nega la drammaticità della nostra esistenza. L’umano, se lo guardi veramente, è tutto un grido al divino. Come dice la Bibbia: “μὴ εὕρῃ ὁ ἄνθρωπος”, “i conti non tornano mai” all’uomo che si pensa senza Dio. Solo il divino compie l’umano. Quando andiamo in confusione è per questo sguardo riduttivo e ottuso. Pietro lo sa ed è comprensivo… “so che avete agito per ignoranza. Non siete cattivi: siete ignoranti. Non avete un problema morale, ma di conoscenza: di educazione. Non avete imparato lo sguardo vero su voi stessi: non sapete cosa dite quando dite “io”. Gesù ci libera innanzitutto dall’ignoranza. “Aprì loro la mente a comprendere”. Il nostro primo bisogno è che ci apra la mente. Come fa Gesù oggi ad aprici la mente? Nella Chiesa e nella comunità che cosa più ci spalanca? Cosa invece ci rende ottusi nello sguardo e meschini nello scopo?
Il Vertice
Ancora in quarantena, ancora in stand by. E sembra che la mia personalità sia indebolita. Che non cerchi più la grandezza. Il Vertice.
Come si fa a cercare il Vertice?
Invece attualmente mi sposto da un punto a un altro, senza una vera meta. La casa, la serenità… Ma non cerco più il Vertice, il vertice dell’Umano. Che è una tensione. Per quello che ho imparato nella vita, questo l’ho capito: il Vertice è una Tensione “alle Stelle” che si incarna nelle parziali decisioni di ogni momento. Come si fa a raggiungere questo vertice? Nessuno lo sa.
Omelia Don Carlo 15 aprile 2020
*15 aprile 2020*
“Non ci ardeva il cuore mentre conversava con noi lungo la via?” Gesù è risorto perché che fa ardere il cuore, come nessuno mai l’ha fatto ardere. I due di Emmaus iniziano a cambiare non durante la cena, ma durante il cammino, quando ancora…”i loro occhi erano impediti a riconoscerlo”. La salvezza non inizia quando chiami Gesù per nome, ma quando ubbidisci a ciò che infiamma il cuore. Per quei due è quando dicono: “Resta con noi a cena”. Questo rivoluziona la morale: nel mondo e nelle religioni il bene è ubbidire a una legge o a Dio. Nel cristianesimo il bene è ubbidire al tuo cuore, è dire “io”, dire chi vuoi essere tu nell’universo. Da quel momento sei libero. Anche se non sai che è Gesù che t’infiamma il cuore. Gesù si rivela a chi vuole, quando vuole. Ai due di Emmaus, durante la cena. A Tommaso, dopo una settimana. A miliardi di uomini, i non battezzati, un istante dopo che sono morti. Ai cristiani si rivela adesso, durante la vita. Noi non sappiamo perché. Ma sappiamo che averlo conosciuto ci rende cento volte più contenti. Come i due di Emmaus che tornano di corsa a Gerusalemme a condividere la gioia con gli amici. Poi con gli amici vanno a dirlo al mondo. Poi gli viene da offrire a ogni uomo che incontrano la compagnia che lui ha offerto a loro sulla strada di Emmaus: la compagnia che fa ardere il cuore. Poi tocca a quell’uomo invitarli a cena. Tocca a Gesù rivelarsi durante la cena. L’esperienza cristiana è una bellissima avventura perché tutta fondata sulla libertà: quella dei cristiani, essere compagni che infiammano i cuori. Quella di Cristo: aprire gli occhi. Quella degli uomini: aprire il cuore, ognuno il suo.
Omelia Don Carlo 14 aprile 2020
*14 aprile 2020*
“Sappia con certezza tutta la casa di Israele”… dice Pietro: non basta sapere, bisogna sapere ”con certezza”. Non basta la fede: dev’essere fede certa. Se non è certa non serve: né per vivere né per morire. Crolla nella prova, come Pietro nel rinnegamento. Non perché non ama Gesù: ma perché non lo conosce veramente. Se no non lo rinnegava. A Roma, davanti a Nerone, non rinnega: muore martire. Il credente certo ha coscienza delle ragioni, conosce colui in cui crede. Perciò è libero: come Gesù sulla croce. Se no anche nella comunità cristiana è un pecorone, mai protagonista. Ci sta senza la sua faccia: un numero, uno fra i tanti. Come si diventa certi? Pietro è perentorio… ”Convertitevi”. L’esperienza che rende certi è la conversione: “cum-versio”, “dietro-front”, inverti la direzione, cambia lo scopo e la strada. La strada è grazia, te la svela Dio. Ma la certezza no: te la conquisti tu, col tuo cammino, il tuo lavoro, il tuo combattimento. ”Quello è un insicuro“, dicono gli psicologi. No, non esiste l’insicuro, esiste l’indeciso, chi non entra mai in campo, dicono a Barcellona, chi discute di tori dagli spalti, ma non scende mai nell’arena a guardare un toro negli occhi. E’ ragionevole convertirsi per essere più felici. All’inizio vedi la felicità sulla la faccia del testimone che ti fa la proposta, poi la vedi sulla tua faccia. Il bello del Cristianesimo è che non aspetti la morte per sapere se vai in paradiso, la verifica è in tempo reale: è “live”. Basta un istante di verità umana, di amore sincero e deciso a te stesso. Come Disma, il buon ladrone, in un istante si converte e diventa santo. E santo non “malgrado” abbia rubato tutta la vita, ma ”perché” ha rubato, finalmente, la cosa giusta: la sua felicità.