Omelia Don Carlo 7 giugno 2020
Omelia 07 giugno 2020*
“Abbiate gli stessi sentimenti”.
Come si fa a cambiare i sentimenti? Il sentimento è una reazione, non è un’azione; vien da fuori, non vien da dentro. Come la sbandata del vento sull’automobile: è una reazione dell’automobile al vento. L’azione è la mia sterzata sul volante. Io non posso comandare il vento. Posso agire con il pensiero che non voglio andare a sbattere. Io non decido i miei sentimenti, decido i miei atteggiamenti, la mia posizione. Infatti Paolo dice τοῦτο ⸀φρονεῖτε “pensate allo stesso fatto”, non “abbiate lo stesso sentimento”. Cioè conoscete il fatto che vi è accaduto. La fede non è un sentire, ma un conoscere. Il sentimento coglie i particolari, la ragione coglie il totale. Per questo il sentimento non mi cambia mai veramente l’esperienza, ce ne è sempre bisogno di nuovi, ti bombardano. Ti cambia la superficie, cambia appunto la psicologia, come una spazzolata sui capelli: ti cambia la pettinatura, non cambia la persona. Ci vuol altro, la fede non è una spazzolata di sentimenti! È la ragione che ti cambia dentro, perché ti cambia il pensiero, cambia la concezione di te. “Concezione” è concepimento, ti concepisci in un modo nuovo. Un nuovo concepimento è una nuova persona che nasce nel mondo. La ragione fa rinascere, vieni come “ripartorito” da te stesso, da quello che ti accade. È per questo che il primo frutto della fede non è che sono più bravo, mi sento meglio, (ma) è “siate gioiosi” χαίρετε dice Paolo, non dice “sentitevi bene”, ma siate gioiosi. Non cambia il sentire, se uno è depresso è depresso lo stesso anche con la fede. Cambia l’essere! Appunto perché il sentire coglie i particolari, la ragione coglie l’essenziale. Ed è solo l’essenziale che riempie di gioia. Quando noi ci sentiamo sempre mancanti è perché restiamo alla psicologia, non andiamo alla concezione dell’io, della realtà, che la fede porta e che i tedeschi chiamano _weltanschauung_o Weltbild . Un nuovo modo di concepire la realtà e il mondo, welt, mondo. È per questo che il frutto più esplosivo, più imprevedibile, più inimmaginabile è della fede.
Dice ancora Paolo: “Tendete alla perfezione”. Perché la fede rende gioiosi, più gioiosi, ma non più soddisfatti, anzi il contrario. Ti rende ben più mancante, fa ben capire che esigenza hai e cosa ti manca. Ti fa sentire così mancante davanti a Dio, ti senti così mancante, che capisci che vivere è tendere al compimento. Infatti Mosè che viene citato nel libro dell’Esodo dice a Dio, dopo che l’ha incontrato, dice: “la grazia è che il Signore cammina con noi”. La Tua grazia non è che ci hai resi perfetti, lui è balbuziente e lo sarà ancora, gli Ebrei sono Ebrei con i loro difetti che in Egitto esplodono a mille, si vede tutti i difetti insopportabili che hanno, ma la grazia non è che… Nel deserto non va bene niente, nel deserto è tutto imperfetto, eccetto una cosa: l’unica cosa perfetta in quei quarant’anni nel deserto è il compagno di cammino, che Dio cammina con loro. E questo basta e ne avanza.
Cristo ribalta l’idea di felicità, non è più “star bene” – how are you?, come stai? – non sopporto… Non è “star bene”, ma camminare bene, andare bene, tendere bene. Ho trovato una volta uno studioso di neuro-pischiatria, un francese, un certo Diez, una frase che mi ha fulminato, dice: “È il ristagno della personalità l’inizio di ogni nevrosi”. La nevrosi è star male dentro, un logorio che quasi ti logora l’intimo, l’umano. Un tarlo, il tarlo dell’io, è sempre il ristagno della personalità. La personalità è come l’acqua che viene giù dal ghiacciaio, comincia a sgocciolare e finché si sbatte sulle rocce e sui sassi è sempre fresca; quando si stufa di sbattersi, è troppa fatica rompersi sempre il muso contro le rocce, contro la durezza della realtà, cede alla tentazione di imbucarsi, di ristagnare, accetta di marcire in una buca. È acuta come osservazione. Veramente con Cristo il mondo si dibatte, veramente nasce un uomo nuovo che fa saltare i gangheri a quello vecchio.