Omelia Don Carlo 28 luglio 2020


*Omelia, 28 luglio 2020*

“La mietitura è la fine del mondo”.

La mietitura θερισμὸς (therismos) non è la distruzione del raccolto, è il raccolto, è il portare a casa il risultato della fatica. La fine del mondo, dice συντέλεια αἰῶνός (synteleia aiōnos) è il compiersi del mondo, è il compiersi del tempo, dove ciò che nel tempo inizia raggiunge il suo fine, non la sua fine. La fine del mondo è la realizzazione di tutto, non la distruzione di tutto, alla faccia di ogni medievalismo apocalittico. Il mondo finisce quando si compie non quando è distrutto. È assurdo pensare che tutta la bellezza del mondo esista per il nulla, lo può pensare una mente malata, Gesù pensa il contrario: per Lui noi non siamo destinati al nulla ma al compimento. Nello sguardo di Gesù tutta la bellezza del mondo è opera di Dio. E per Lui, Dio – come dice anche una canzone – “non incomincia se non per terminare”. È per questo che negli occhi di Gesù, guardate come guarda le cose e le persone, tutto è amabile. E per Lui il primo amabile sono io. Io ai Suoi occhi non sono sbagliato, sono incompiuto non sbagliato. E Lui è venuto per annunciarmi il compimento per anticiparmi la certezza della fine, per rendermi certo del mio compimento. Per darmi lo sguardo definitivo su di me. Questa è la fede: è guardare le cose adesso con la certezza del compimento, e dopo l’incontro con Cristo ogni istante del tempo mi è dato per questo scopo, per verificare la fede. Tutto il resto è uno strumento, una condizione, ma lo scopo del tempo è di verificare lo sguardo di Cristo, se a vivere le cose con questo sguardo sono veramente belle, sono veramente se stesse e preziose. È la realtà che deve dire se Gesù ha ragione o ha torto. La fede cristiana non è una fiducia cieca da accettare supinamente, delle parole, delle norme da appiccicare violentemente o ottusamente sulle cose. Ogni istante mi è dato per verificare se Gesù ha ragione o se ha torto. Ma per me non per fare un piacere a Lui, perché sono io che di tutto posso fare a meno, ma di amare no, di amare me stesso no, io non posso amare fino in fondo niente, tanto meno me stesso, se non sono certo del mio compimento.