Omelia Don Carlo 24 agosto 2020
*Omelia. 24 agosto 2020*
“Vedrete cose più grandi di queste”, caro Natanaèle.
È l’avvertimento di Gesù a Natanaèle tutto stupito. Non fermarti alla forma iniziale, non è che accade solo in questo modo, non è che adesso devi conservare il “selfie” del primo incontro per tutta la vita. Se fai così ti perdi il nuovo solo perché è diverso, ha una diversa forma. Ricordati, Natanaèle, che contenuto e forma, mistero e segno, divino e umano coincidono, ma non si riducono uno all’altro, non li confondere. Come una finestra da cui entra dentro la luce: nell’attimo dell’attraversamento sembra che il raggio di luce coincida con il vetro, sembrano identici, della stessa natura, ma la luce è energia, il vetro è materia, nessun fisico-ottico ve la passa, sono inconfondibili, ridurli è una menzogna, è una superficialità e si paga cara nella vita. Quanta gente ho visto che si è persa perché ha ridotto la grandezza di Dio al segno, alla forma del primo incontro, si è scandalizzato, cioè è stato imprigionato nella forma del passato, non gli accade più nulla, ha perso il gusto di abbracciare, di incontrare, il gusto del diverso, della novità.
“Dio” sembra dire Gesù a Natanaèle “è come Paganini, non concede mai il bis, è sempre nuovo”. Come disse anche Jahvè a Mosè dal roveto ardente che voleva sapere: “Dimmi il tuo nome – devo dire chi è Javhé a parole – come ti chiami? Ci mettiamo, nominiamo l’icona e dopo abbiamo tutto chiaro”.
E Lui risponde, in quella traduzione infelice che ho sempre trovato “Hechyeh asher Hechyeh” non è tradotto “Io sono Colui che sono”, ma “Sono Quello che avviene di continuo, che cambia continuamente modo e forma, che fa sempre cose nuove”. Questa è l’avventura a cui Gesù sfida Natanaèle.