Omelia Don Carlo 23 aprile 2020


* 23 aprile 2020*
“Avete riempito Gerusalemme del vostro insegnamento”. E’ patetica l’accusa agli apostoli: ma come possono quei dodici poveracci, arrestati, bastonati, appena rilasciati… riempire la città del loro insegnamento? Cos’hanno addosso questi qua? Hanno addosso ”quell’insegnamento”, quello che gli è stato “insegnato”, “in-signatum”, ”impresso col marchio”. Come il padrone che marchia a fuoco lo schiavo, perché si ricordi a chi appartiene. Gli apostoli sono uomini ”segnati” da Cristo: sono “suoi”. Questa è la loro identità nel mondo e la loro libertà. Sono liberi perché la loro vita è “Sua”. Un cristiano diventa schiavo e schiacciato dalla paura, come tutti, se dimentica a chi appartiene. Anche Gesù ha paura nel Getsemani e sulla croce, ma la paura non lo schiaccia: non gli impedisce d’esser se stesso. Perché Gesù sa a chi appartiene: porta in faccia il ”segno” dell’appartenenza a Dio. Neppure le ferite della passione cancellano quel segno, come dice il centurione: “quest’uomo era figlio di Dio”. Gli apostoli hanno addosso il segno che li rende liberi, come dice Pietro al capo delle guardie: “noi siamo liberi perché obbediamo a Dio invece che agli uomini”… Perché noi sappiamo che faccia ha Dio: ha la faccia di Gesù, ha il cuore di Gesù. Un cuore come il nostro: pieno del bene per cui batte anche il nostro. Gesù risorto trasforma il nostro cuore, lo rende simile il suo: simile al cuore di Dio. Siamo sempre più liberi perché il nostro cuore è sempre più in armonia col cuore di Dio. Sempre più sentiamo che per noi è un unico gesto “ubbidire a Dio” e “ubbidire al cuore”. Questo ci fa liberi e ci mette in pace: ci fa dormire anche meglio la sera, dice il salmo 4: ”In pace mi corico… e subito mi addormento”… e risparmio pure qualche ansiolitico.