Omelia Don Carlo 21 aprile 2020


21 aprile 2020
“La moltitudine dei credenti aveva un cuore solo e un’anima sola”. Questa unità miracolosa è frutto della resurrezione di Cristo. Una unità così è l’esperienza più desiderata da un cuore umano, ma è una utopia: irrealizzabile. A Gerusalemme quel giorno accade. Tremila uomini sono un cuore solo, un’anima sola. Ma prima che tra loro, questa unità, ognuno se la trova dentro di sé. L’unità tra loro, è una conseguenza: un uomo diviso dentro non sarà mai unito a nessuno. E come fiorisce nel cuore quell’unità? Cosa ti fa capire e abbracciare così tutte le cose della vita? Anche quelle dolorose? Cosa ti fa gridare, in faccia all’universo intero… sei ”mio”?! Il primo uomo nella storia che vive questa unità è Gesù risorto: e dopo di lui, quelli che credono in Lui, perché sono investiti dalla potenza della sua resurrezione. Pietro quel giorno, a Gerusalemme, vede questo miracolo e lo vede anche tutta la città, come dice Luca: “tutti li ammiravano e godevano di quella bellezza”. Per la gente di Gerusalemme la bellezza che vivono i cristiani è irresistibile, accusano il colpo: godono solo a vederla negli altri. Questa è l’esperienza cristiana: questo annuncia al mondo il cristiano. Non annuncia Dio, non parla di Dio, come dice Gesù a Nicodemo: “Noi parliamo di ciò che sappiamo, testimoniamo ciò che vediamo”. Il cristiano parla di ciò che vede: non di Dio, ma della propria vita cambiata da Dio, parla dei fatti che lo mettono davanti a Dio. Chi crede la vive personalmente, questa unità miracolosa: la vive dentro di sé e nella comunità cristiana. Chi non crede, se ha un cuore leale e sincero, se ne compiace e gode, anche solo a vedere gente così contenta: con un po’ di invidia. Il cristianesimo si diffonde per questa sana invidia.