Omelia Don Carlo 19 aprile 2020
*Omelia 19 aprile 2020*
“Dio ci rigenera con la risurrezione di Cristo”. La nostra resurrezione sarà dopo la nostra morte: la rigenerazione è subito. Paolo la chiama ”arrabòn”, caparra: anticipo della quota finale, per farci pregustare la festa che ci aspetta. Cos’è la rigenerazione? Lo suggerisce una parabola dell’ultima cena: ”Se rimanete in me come tralci nella vite porterete più frutti ”. Sarete più esuberanti di vita perché investiti dalla linfa potente che irrompe dal risorto. Prima di Cristo nel mondo ci sono i frutti della natura: bellissimi come l’amore, terribili come i virus. Bellissimi e terribili perché la natura non è Dio e non ci è data per sostituire Dio, ma far desiderare Dio: per innescare l’avventura più affascinante, la ricerca di Dio. Prima di Cristo si crede in Dio, ma Dio è nell’aldilà: e non porta frutti nuovi in questo mondo. La rigenerazione di Cristo risorto è una pienezza di vita, sconosciuta prima di Lui, ma è adesso, non nell’aldilà. I cristiani realizzano nella storia, dice Solovev, la ”divino-umanità”: una fioritura e una fecondità dell’umano, inspiegabili con l’umano. Il primo frutto che Pietro si trova addosso è la strana gioia del cristiano: “Siete ricolmi di gioia, anche se afflitti dalle prove”. Strana gioia perché convive con afflizioni e prove, come mostra la faccia del Papa in questo tempo: faccia dolente, immedesimata fino in fondo nel dolore del mondo. Ma la sua faccia e le sue parole sono piene di una certezza limpida e senza sbavature. Le due cose insieme: nel mondo sono sempre separate. Ma è disumana una gioia indifferente al dolore ed è disumano e insopportabile un dolore senza gioia. Nel cuore cristiano sono insieme. Sono come, nel corpo del risorto, le ferite toccate da Tommaso. Sono ferite, mai rimarginate finché nel mondo un uomo piange, ma ferite gloriose perché sono le ferite del vincitore.