Omelia Don Carlo 18 aprile 2020


18 aprile 2020
“Tutti glorificavano Dio per l’accaduto”. Questa è la prima definizione del cristianesimo: l’accaduto. Non un nuovo pensiero religioso, non una nuova morale, non dei nuovi riti. No: l’accaduto. Non qualcosa che devo fare io: no, l’accaduto. Una cosa fatta da un altro. Ma che ha a che fare con la mia felicità, come 2000 anni fa ebbe a che fare con la felicità di Pietro e Giovanni. Fu per loro irresistibile e incontenibile: ”Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato”. Come Gesù, non poteva tacere quello che era accaduto a Lui quando scoprì di essere il figlio prediletto di Dio. E’ stato crocefisso perché non ha potuto tacere. Neppure la morte lo mette a tacere. E adesso vive e parla attraverso Pietro, Giovanni, me e te: i suoi testimoni. Perché il peccato cristiano non è rifiutare Dio, il libro sacro o la legge di un’autorità. No: è rifiutare i testimoni dell’accaduto: “li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto”. Perché Cristo risorto è presente, esistenzialmente, nei testimoni, che non sono persone brave o capaci: “erano persone semplici e senza istruzione”. Testimone è chi riconosce l’accaduto e lo annuncia così com’è accaduto a lui: come prende la sua vita e la fa risorgere. Infatti l’accaduto stupisce per come è semplice, bello e potente. Mi è diventata insopportabile tanta artificiosità che toglie bellezza, splendore e freschezza al fatto cristiano. Ma perché bisogna sempre aggiungerci qualcosa o toglierci qualcosa? Sono così semplici, freschi, disarmanti, anche ironici, i racconti delle apparizioni del risorto: hanno la fragranza dell’autentico… come un cibo appena cucinato, che ha il gusto del “cotto e mangiato”. E chi lo gusta capisce perché il canto pasquale è l’alleluia.