Omelia Don Carlo 12 Maggio 2020
*12 maggio 2020*
“dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte tribolazioni”. Immediatamente le tribolazioni sono le persecuzioni: “hanno perseguitato me perseguiteranno anche voi”. Perché Cristo viene odiato? Perché fa esplodere il dramma della vita umana: che solo il divino compie l’umano, che la felicità è ospitare Dio. C’è un abisso nel cuore che il mondo non può colmare: quello è la dimora del Creatore del mondo. Questo è drammatico, dice Gesù… ”perché il Padre è più grande di me”… e non posso ospitarlo se non sfondando i limiti della mia natura. Come un bambino che viene al mondo se è ospitato, dolorosamente, nel corpo della madre. A questo spalancamento della nostra natura noi resistiamo, dice Paolo, tentando di “sopravvestirci” di Cristo: prender Cristo come soprabito… te lo metti sopra, ma sotto non cambia niente. Gesù è perentorio: “Vino nuovo in otri nuovi”. Quando Cristo ci delude è perché l’abbiamo incarcerato negli otri vecchi, nelle forme della vita naturale. Abbiamo ridotto l’umano al naturale: eludendo il dramma della conversione. Ma davanti a Cristo l’umano non è riducibile allo spontaneo. Questa tribolazione è necessaria per sfondare l’orizzonte asfissiante del naturalismo, che è il primo nemico di Cristo e della nostra realizzazione umana. Davanti a Cristo è evidente che per essere vero devo lottare, che la prima guerra è dentro, che comodo e vero non coincidono. Il cammino della felicità non è lineare e tranquillo, ma procede per morte e resurrezione. Come per Gesù la resurrezione non è la continuazione tranquilla della vita naturale: è un’altra vita che irrompe, sfondando i nostri sepolcri, come sfondò il suo il mattino di Pasqua. Questa è la lotta più entusiasmante per un uomo, se nasce dall’amore vero a sé: la cosa meno ovvia in questo mondo.